IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza sull'appello proposto nell'interesse di Russo Giuseppe avverso l'ordinanza emessa in data 8 settembre 1998 dalla Corte di assise di S. Maria C.V., sezione feriale, con la quale veniva rigettata istanza di scarcerazione per scadenza, nella fase delle indagini preliminari, del termine massimo della custodia cautelare; O s s e r v a 1. - Come risulta dagli atti trasmessi dall'a.g. procedente e dalla "posizione giuridica" successivamente acquisita, Russo Giuseppe e' sottoposto a custodia cautelare in carcere per il reato di associazione mafiosa in forza di ordinanza coercitiva emessa dal g.i.p. del tribunale di Napoli nell'ambito del procedimento c.d. Spartacus, notificata all'indagato il 5 dicembre 1995. L'appellante venne rinviato a giudizio con decreto del g.i.p. di Napoli dell'8 novembre 1996 avanti alla Corte di assise di Napoli, la quale, pero', con sentenza 22 ottobre 1997, dichiaro' la propria incompetenza per territorio e rimise gli atti al p.m. della D.D.A. di Napoli perche' promuovesse l'azione penale avanti alla Corte di assise di S. Maria C.V. A tanto il p.m. ha poi provveduto e in data 4 aprile 1998 e' stato emesso dal g.i.p. nuovo decreto di rinvio a giudizio. La difesa ha formulato istanza di scarcerazione invocando l'applicazione del principio affermato dalla Corte costituzionale con sentenza n. 292/98 e, con l'appello proposto ai sensi dell'art. 310 del c.p.p. avverso il provvedimento di rigetto della Corte di assise di S. Maria C.V., deduce: "Preliminare alla valutazione di merito e' la dovuta considerazione della valenza delle sentenze interpretative di rigetto. La Corte di assise di S. Maria C.V. correttamente ha sottolineato la limitata efficacia delle stesse nell'ambito del procedimento nel corso del quale e' stata sollevata la questione di legittimita' costituzionale. Tuttavia e' opportuno notare la peculiarita' della pronuncia della Corte costituzionale che nel caso in esame si limita al richiamo ad una corretta interpretazione letterale dell'art. 304, comma 6 del c.p.p. In tale ottica risulta evidente che le argomentazioni dedotte dalla Corte a sostegno di quanto sopra valgono a rafforzare e non a chiarire il senso di una norma che esplicitamente, attraverso il richiamo al comma 2 dell'art. 303 del c.p.p., va applicata nel caso in esame. E' necessario, dunque, considerare che la sentenza invocata nella misura in cui richiama una norma di segno univoco non puo' essere disattesa attraverso motivazioni di ordine generale. Se e' vero come e' vero che la norma di cui all'art. 304 del c.p.p. fa riferimento anche alle ipotesi di regressione del processo e' altrettanto vero che il giudice chiamato alla pronuncia non puo' disconoscerne la portata, poiche' in questa ipotesi non solo viene disattesa la pronuncia della Corte costituzionale ma anche violata una norma giuridica cogente". Deduce ancora la difesa dell'appellante che "...la Corte di assise dopo aver preso le istanze da quella che viene definita una sentenza interpretativa di rigetto, ... incorre in una evidente contraddizione. Infatti, da un lato, la Corte ritiene che ''le statuizioni di cui all'art. 304 del c.p.p. (Sospensione dei termini di durata massima della custodia cautelare) ... vanno considerate di carattere eccezionale ed in quanto tali sono insuscettibili di interpretazione analogica'', dall'altro che ''la citata normativa abbia valenza generale costituendo una regola di chiusura applicabile anche in ipotesi diverse dalla sospensione'' (pag. 4 ordinanza di rigetto). Se puo' condividersi la natura eccezionale dei primi quattro commi dell'art. 304 del c.p.p. non puo' dirsi altrettanto dei commi 5 e 6. Questi ultimi recuperano la funzione di tutela della liberta' personale ... tanto da porre degli sbarramenti alle eccezioni poste con l'istituto della sospensione. Sicche' il riferimento alla impossibilita' di estendere per applicazione analogica la regola del comma 6 dell'art. 304 del c.p.p. e' infondato. Inoltre vorra' il tribunale considerare che il giudice adito ha tratto dalla rubrica della norma di cui sopra ''Sospensione dei termini'', l'esclusivo elemento interpretativo della stessa e, pertanto, ha ritenuto nella premessa che poi ha contraddetto, applicabile la disciplina di cui al comma 6 unicamente a statuizioni relative all'istituto della sospensione ... in evidente contrasto con il tenore letterale della norma. Infine non e' condivisibile l'ordinanza nella parte in cui ... rigetta l'istanza difensiva ... perche' il periodo di custodia cautelare sofferto andrebbe computato, ai fini del calcolo relativo alla decorrenza dei termini, sottraendo lo spazio temporale che va dall'8 novembre 1996 al 22 ottobre 1997 e cioe' dal decreto di rinvio a giudizio ... alla sentenza di incompetenza territoriale resa dalla V sezione della Corte di assise di Napoli, rappresentando quest'ultima fase un periodo disomogeneo visto l'incardinamento dibattimentale del processo ... Qualora dovesse aderirsi all'assunto della Corte di assise la norma in esame non avrebbe piu' alcun significato maturandosi, salvo in ipotesi di diverse regressioni, sempre il termine di fase prima di quello di fase raddoppiato".